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Sono passati solo alcuni mesi: 195 Paesi hanno approvato e iniziato a firmare l’accordo sul clima che avevano scritto a Parigi in dicembre. Se ne parla da troppo tempo ed è ora di agire. Ci sono però ancora 70 paesi in via di sviluppo che non si sentono ancora vincolati a questi principi.

Affrontare e soprattutto risolvere i cambiamenti climatici è una delle grandi scommesse della nostra epoca e uno dei grandi obiettivi dell’ONU fin dal primo vertice sulla Terra che si svolse a Rio nel 1992 e poi con il protocollo di Kioto e l’emendamento di Doha (con il quale i paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni di almeno il 18% rispetto ai livelli del 1990). Il nuovo accordo globale sui cambiamenti climatici esteso a tutti i paesi dell’UNFCCC dovrebbe entrare in vigore nel 2020.

L’accordo è un grande successo soprattutto perché inverte la tendenza di fallimenti degli anni passati (vedi Berlino dieci anni fa e Copenaghen sei anni fa). Però non tutti sono convinti che ci si creda davvero. Il rischio di un aumento pericoloso delle temperature porta ampie regioni della superficie terrestre a non essere più abitabili per l’aumento della anidride carbonica a causa dell’uso dei combustibili fossili. Per non parlare dell’acidificazione degli oceani e lo scioglimento dei ghiacciai dell’Artide. Un enorme problema per le generazioni future che spera nelle promesse dei governanti di oggi.

L’economia verde fatica ad avere successo come anche la decarbonizzazione. Dovrebbero essere i paesi più ricchi a pagare, ma ne avranno la forza? Si parla di “loss and damage” ovvero di avviare un meccanismo che compensi le perdite finanziarie con un meccanismo di rimborso assicurativo. Una chiamata in causa di alta responsabilizzazione difficile da attuare insieme a tanti altri problemi.

Europa, Sati Uniti, Cina e India (in tono minore) dicono di farcela. Però siamo in ritardo e dilatare i tempi rischia di vanificare gli sforzi perché non è stata fissata una data che spaventa le imprese petroliere, del carbone e del gas, oltre ai paesi produttori di energia da fonte fossile. Inoltre non si presidia il controllo delle emissioni del gas serra prodotti dal gigantesco settore del trasporto aereo e navale che pesano quasi il 10% del problema.

Obama ha promesso che entro il 2030 elimineremo le emissioni del 32% (ma lui non sarà più presidente). Proviamo a crederci. Certo è che stiamo cambiando le cose più velocemente di quanto non capiamo; a volte senza sapere come ci stiamo comportando. La caratteristica di una società civilizzata si misura dal senso di responsabilità sul futuro.

Mi ricordo le ultime parole di Robert Louis Stevenson nel suo libro “Jekill e Hyde”:

“Il peso e il destino della nostra vita sono legati per sempre alle spalle dell'uomo e, quando si tenta di disfarsene, ci ricadono addosso con maggiore e peggiore oppressione”.